Ipbes, fino a 850mila nuovi virus; stop perdita biodiversità.
Future pandemie emergeranno più spesso, si diffonderanno più rapidamente, arrecheranno più danni all’economia mondiale e uccideranno più persone del Covid-19 se non si cambia l’approccio al problema passando dalla reazione – cioè dopo che è scoppiato – alla prevenzione. Questo soprattutto considerando che si stimano altri 1,7 milioni di virus ancora “non scoperti” nei mammiferi e negli uccelli di cui fino a 850.000 potrebbero avere la capacità di infettare le persone e che gli attuali impatti economici sono 100 volte superiori al costo stimato per la prevenzione.
E’ un rapporto scientifico dell’Ipbes (Piattaforma intergovernativa di politica e scienza sulla biodiversità e i servizi ecosistemici) sulla biodiversità e le pandemie stilato dopo aver consultato con urgenza 22 esperti di livello mondiale sui legami fra il degrado della natura e i rischi crescenti di pandemia, ad avvertire su questo rischio suggerendo la strada per ridurlo. Ovvero, cercando di evitare le attività umane che causano la perdita della biodiversità, dalla deforestazione al commercio di fauna selvatica, attraverso una maggiore conservazione delle aree protette e misure che riducono lo sfruttamento non sostenibile delle regioni ad alta biodiversità. Questo, dice il rapporto, ridurrà il contatto tra fauna selvatica-bestiame-uomo e aiuterà a prevenire la diffusione di nuove malattie.
Il rapporto afferma che “affidarsi alle risposte alle malattie dopo la loro comparsa”, sul fronte della salute pubblica e delle soluzioni tecnologiche, in particolare “sulla rapida progettazione e distribuzione di nuovi vaccini e misure terapeutiche, è un ‘percorso lento e incerto'”. Peraltro, con la conseguenza di una “diffusa sofferenza umana” da un lato e dall’altro “decine di miliardi di dollari di danni economici annuali per l’economia globale derivanti dalla risposta alle pandemie”.
Indicando il probabile costo del Covid-19 fra 8.000 e 16.000 miliardi di dollari a livello globale entro luglio 2020, si stima anche che i costi nei soli Stati Uniti potrebbero raggiungere i 16.000 miliardi di dollari entro il quarto trimestre del 2021. Gli esperti stimano che il costo della riduzione dei rischi per prevenire le pandemie sia 100 volte inferiore al costo della risposta a tali pandemie.
Il rapporto offre anche una serie di opzioni politiche che aiuterebbero a ridurre e ad affrontare il rischio pandemico. Dal lancio di un consiglio intergovernativo di alto livello sulla prevenzione delle pandemie per fornire ai decisori politici la migliore scienza e le migliori prove sulle malattie emergenti al prevedere le aree ad alto rischio e l’eventuale impatto economico, dal mettere in evidenza le lacune della ricerca al coordinamento nella progettazione di un quadro di monitoraggio globale. I paesi stabiliscono obiettivi o traguardi concordati tra loro nel quadro di un accordo internazionale – con chiari benefici per le persone, gli animali e l’ambiente. Istituzionalizzare l’approccio ‘One Health’ nei governi nazionali per prepararsi alle pandemie, migliorare i programmi di prevenzione e indagare e controllare le epidemie nei vari settori. E ancora, sviluppare valutazioni sull’impatto dei rischi pandemici e delle malattie emergenti sulla salute ed incorporarle nei principali progetti di sviluppo e di utilizzo del suolo, riformando nel contempo gli aiuti finanziari per l’utilizzo del suolo in modo che i benefici e i rischi per la biodiversità e la salute siano riconosciuti ed esplicitamente presi come obiettivo. Assicurare che il costo economico delle pandemie sia preso in considerazione nei bilanci e nelle politiche relative al consumo, alla produzione e di governo. Consentire cambiamenti per ridurre i tipi di consumo, l’espansione agricola e il commercio globalizzati che hanno portato alle pandemie – questo potrebbe includere tasse o imposte sul consumo di carne, sulla produzione zootecnica e su altre forme di attività ad alto rischio di pandemia. Ridurre i rischi di zoonosi nel commercio internazionale di animali selvatici attraverso una nuova partnership intergovernativa “salute e commercio”; ridurre o eliminare le specie ad alto rischio di malattia nel commercio di animali selvatici e più in generale regolamentare tutti gli aspetti del commercio di animali selvatici.